Angulas vive nel piatto

Etica e cucina: specialità che fanno discutere

Fino a che punto gli chef possono osare? Fino a che punto siamo disposti ad accettare le loro stravaganze? E, soprattutto, partendo dal presupposto che i cuochi, ormai, devono cucinare per clienti che non hanno fame, ma vogliono vivere un’esperienza, quanto può essere “sconvolgente” questa esperienza? Esiste un limite invalicabile? Apriamo il dibattito con una nuova rubrica del nostro blog, dedicata ai piatti più controversi.


Il nome del piatto è Consomé Original, si tratta di una sferificazione di angulas vive ed è firmato da Andoni Luis Aduriz, chef del Mugaritz, ristorante basco considerato uno dei migliori al mondo.

Ma, prima di continuare, conosciamo meglio le angulas.
“Piccoli vermetti bianchi e mollicci con due minuscoli puntini neri al posto degli occhi – li definisce Cinzia Alfè su Dissapore -L’aspetto certo non invoglia, eppure sono tra i cibi spagnoli più cari in assoluto, con prezzi che oscillano dai 1.000 ai 5.000 euro al chilo”.

In realtà, si tratta di avannotti delle anguille, le stesse che in Toscana sono chiamate cèe (cieche). Tempo fa, risalivano diversi fiumi italiani e venivano pescate con particolari sistemi di cattura. Oggi la specie è a rischio, la pesca è vietata in Italia e regolamentata in altri paesi, in particolare in Spagna, Portogallo e Francia.

Per chi non lo sapesse, le anguille non si riproducono in cattività, ma lo fanno solamente nel Mar dei Sargassi (al largo della Florida). Appena schiuse le uova, le anguilline si rimettono in viaggio per tornare nel luogo da cui è partita la loro mamma. Impiegano più o meno tre anni ed arrivano ancora cieche.

Se, fin qui, la storia non vi ha commosso e siete ancora curiosi di assaggiarle, sappiate che il loro gusto, molto particolare, è difficile da descrivere. Per Silvia Alfè “non si può dire che le piccole anguille abbiano un sapore buono o cattivo, per il semplice fatto che in pratica non ne hanno: sanno di poco, tanto che un tempo si usavano come mangime per polli e maiali. Ma tutto è un po’ strano quando si tratta di anguille!”
Particolarmente apprezzate nella cucina basca, ma anche in quella asturiana e gallega, sono alla base di diversi piatti tradizionali.

Detto questo, torniamo allo chef del Mugaritz. Il piatto dello scandalo è composto di un dashi con semi di basilico nel quale, con le pinze, vengono tuffate angulas vive; è molto importante mantenere la temperatura perché, se il liquido fosse troppo freddo, queste si addormenterebbero e gran parte dell’effetto scenico scomparirebbe. L’avannotto, vivo e vegeto, deve dare l’impressione di voler scappare dal vetro!

Vi chiederete qual è il senso di tutto ciò. Lo spiega bene la giornalista Alessandra Meldolesi, nell’articolo pubblicato su Reporter Gourmet del 19 febbraio 2020: “si fanno i conti con la crudeltà della cucina, dove il lavoro sporco è demandato ad altri (il macellaio, il pescivendolo, il cuoco). Qui no: l’avannotto è vivo…. Il commensale stesso è il suo boia al momento del crac, quando i denti frammentano la minuscola lisca. Ed è anche un modo per dissacrare un prodotto di lusso, rompendo con l’immaginario classico”.

Ma è importante, soprattutto, ciò che lo chef dice della sua creazione in una intervista rilasciata sempre a Reporter Gourmet: “Al Mugaritz ci piace rappresentare, in forma commestibile, alcuni dei dilemmi con cui ci confrontiamo in quanto onnivori, collocando sul tavolo espressioni di fronte alle quali i nostri ospiti si vedranno costretti a esplorare quel che pensano di alcune questioni, dissotterrando pregiudizi, avversioni, preconcetti o elaborando nuovi giudizi su temi cruciali. Come talvolta accade al Mugaritz, le nostre angulas delineano un racconto dal finale aperto”.

Mah! Dopo queste estremizzazioni cervellotiche, mi piace ricordare il pensiero di Davide Pezzuto, chef del D.one: “E’ facile per un cuoco divertirsi in cucina, creare piatti assurdi che neppure lui assaggerebbe, ma che attirano l’attenzione, sconvolgono e fanno parlare di lui e del suo ristorante. Credo che uno chef non dovrebbe mai perdere di vista il cliente, l’utente finale del suo duro lavoro. Il mio obiettivo è, infatti, un cliente soddisfatto e piacevolmente impressionato dai miei piatti…estrosi sì, ma commestibili!”

Appuntamento ai prossimi blog con altri piatti che hanno fatto scalpore.

Ci piacerebbe conoscere il vostro parere sull’argomento e ricevere testimonianze su assaggi di piatti “strani”. Inviate i vostri commenti a mail@donerestaurant.it 

condividi

Share on facebook
Facebook
Share on twitter
Twitter
Share on linkedin
LinkedIn